RASSEGNA STAMPA

CORRIERE SERA - «Diaz, De Gennaro depistò per coprire un suo ruolo»

Genova, 19 dicembre 2010

 

G8 DI GENOVA LA CONDANNA DELL' EX CAPO DELLA POLIZIA
«Diaz, De Gennaro depistò per coprire un suo ruolo»
Le motivazioni della sentenza. I legali: illogica e infondata

Alla Corte d' appello di Genova sono bastate quindici pagine su 69 dell' intera sentenza per motivare la condanna dell' ex capo della Polizia, oggi capo dei Servizi segreti, Gianni De Gennaro a un anno e quattro mesi di carcere per aver indotto l' allora questore Francesco Colucci a mentire sul banco dei testimoni, durante il processo per le violenze nella scuola Diaz. De Gennaro, sostiene la Corte, condizionò Colucci per salvare se stesso. La storia giudiziaria del G8 di Genova scrive un altro capitolo. Bruciante per la polizia, non solo per la condanna di De Gennaro riconosciuto colpevole di aver commesso «un delitto contro l' attività giudiziaria» facendo pressioni su Colucci affinché il proprio ruolo sparisse dai fatti del G8, ma anche per le valutazioni seccamente negative sull' operato dei tutori dell' ordine. L' assoluzione in primo grado di De Gennaro si basava, scrive la Corte d' appello presidente Maria Rosaria D' Angelo, consiglieri Paolo Gallizia e Raffaele Di Napoli anche su un «movente inafferrabile» del capo della polizia. Perché De Gennaro avrebbe dovuto spingere Colucci a ritrattare la sua prima testimonianza su un dettaglio secondario come l' essere stato messo a conoscenza della perquisizione alla scuola Diaz? La Corte scrive che il movente non è affatto «inafferrabile», anzi De Gennaro «aveva evidente interesse a non far trapelare un suo coinvolgimento» nell' operazione che portò alla «macelleria messicana», al pestaggio di no global inermi e a un maxiprocesso contro gli agenti. L' irruzione alla Diaz «non si rivelò un successo», anzi «era stata oggetto di critiche da parte dell' opinione pubblica mondiale e un tale risvolto negativo si era propagato sul piano politico e giudiziario». Davanti al biasimo per l' irruzione sfociata «in illegalità», si preferisce far prevalere la tesi che l' operazione fosse stata eseguita «senza l' adeguata preparazione, senza l' attribuzione di precise responsabilità, senza coordinamento... e senza che il capo della polizia fosse informato di ciò che effettivamente stesse accadendo». Secondo la Corte, De Gennaro negando di essere a conoscenza della perquisizione voleva salvare se stesso da un' operazione fallimentare della polizia. Per questo ha agito in modo da ostacolare «l' accertamento dei fatti, delle loro modalità e delle responsabilità politiche e penali». Questo il «movente» che l' ha spinto a incontrarsi a Roma con Colucci e a chiedergli di «aggiustare un po' il tiro», di fare «una marcia indietro», negando di avergli telefonato quella notte, tutte espressioni usate dall' ex questore quando parla con i colleghi del colloquio avuto con «il Capo». Per la Corte il fatto che De Gennaro fosse informato di quel che accadeva è provato «nelle risultanze processuali» nonché dalle parole di Colucci che testimoniò che De Gennaro «veniva pedissequamente informato su ogni cosa, su ogni virgola che succedeva a Genova, il prefetto Andreassi me lo ha suggerito tante volte. Io lo avrei fatto ugualmente». Resta un' altra domanda posta dalla difesa: perché Colucci si lasciò pilotare? La Corte scrive che De Gennaro «abusò anche delle funzioni pubbliche esercitate e connesse al suo ruolo di direttore generale del dipartimento della Pubblica sicurezza», come superiore gerarchico aveva infatti «elevato potere di condizionamento». Colucci in quel periodo era in un «particolare stato di soggezione» in quanto «sotto valutazione per la progressione in carriera». La Corte d' appello conclude con una «prognosi favorevole circa una futura astensione dell' imputato De Gennaro dalla commissione di altri reati» e concede la sospensione condizionale. Quanto al coimputato, l' allora capo della Digos Spartaco Mortola, la condanna a quattordici mesi di carcere per istigazione a falsa testimonianza viene motivata con la sua consapevolezza, nei colloqui con Colucci, che le sue parole avrebbero condizionato la testimonianza del questore. Dura la reazione di Franco Coppi, difensore di De Gennaro, che definisce «illogica» e «infondata» la sentenza di condanna e confida in un suo ribaltamento da parte della Cassazione.

Erika Dellacasa